Nella prima uscita della nuova rubrica Professional Insights, Francesca Marra, Allieva dell'Executive Master in Fashion Management, fa il punto sulla sostenibilità nel sistema moda: cosa significa, come si applica, dove sta andando.
Il problema sempre più attuale della scarsità delle risorse e delle materie prime porta spesso a operare nuove scelte imprenditoriali, basate su quelle che solitamente vengono definite le tre “R” della sostenibilità ambientale: risparmio, riciclo, riuso.
Molto spesso le tre “R” si ritrovano, tutte insieme oppure in combinazioni diverse, in quella strategia di differenziazione dei modelli di mercato e di business basata sulla sostenibilità che va sotto il nome di “fairtrade”.
Quest’ultimo vuole indicare il mercato equo-solidale, che si caratterizza per una forte connotazione sociale e solidaristica e che negli ultimi tempi è diventato per alcune imprese di moda un interessante marketplace da esplorare e promuovere.
La pratica del riciclo della massa di prodotti/rifiuti della società, riguarda il processo di trasformazione finalizzato a reinserirli, attraverso nuove lavorazioni, in un nuovo processo produttivo. Si possono riciclare materiali pre-consumo, cioè originati da scarti ed eccedenze di produzione, o post-consumo, cioè recuperati a fine ciclo di vita. Nel riciclo diventa ancora più importante il rispetto dei processi produttivi finalizzati alla qualità e resa ottimale delle caratteristiche sostenibili del prodotto.
Nel sistema moda, quando si parla di riuso, è importante considerare le idee creative che sottendono alla sua rivisitazione e re-immissione nel mercato. Da qui nasce, negli ultimi tempi, una tendenza alla produzione di oggetti su misura, personalizzati, in cui il consumatore può prendere parte alle scelte: un processo in cui si manifesta un ritorno alla misura artigianale, alla lavorazione manuale, alla suggestione dell’oggetto unico. Negli ultimi anni, poi, la pratica del riuso ha fatto il suo ingresso nel circuito della moda alimentando in particolar modo una nuova forma di competenza storica, che coniuga la qualità al vintage.
Oltre al canale del recupero dei prodotti della moda, si sono inoltre intensificati i centri di vendita e baratto di capi e accessori di seconda mano (soprattutto grazie al passaparola su internet), un fenomeno in crescita negli ultimi tempi anche a causa della contrazione della spesa dovuta al ciclo di crisi economica mondiale.
Le “tattiche per il cambiamento”: la proposta del London College of Fashion
Il Centro per la Moda Sostenibile del London College of Fashion ha sviluppato un set di “tattiche per il cambiamento” per ispirare e guidare il lavoro di studenti, collaboratori, imprenditori ed esperti della moda coinvolti nello “switch” sostenibile, in particolare nel segmento della progettazione e del design.
1. Costruire un nuovo sistema moda: è possibile dare rapidamente forma a un nuovo paradigma più sostenibile offrendo nuove prospettive, visioni, valori e prodotti, per esempio riconfigurando l’esperienza del consumo passando dal mero acquisto di un oggetto anonimo e privo di significati a nuove forme di gratificazione e fidelizzazione tenute insieme da un rapporto continuo con il cliente;
2. Riconoscere il potere del design: adottare un nuovo approccio nella progettazione significa soprattutto lavorare in modo collaborativo e sfidare le convenzioni, ma anche investire in nuove idee, renderle scalabili, applicabili e realizzabili;
3. Condividere le informazioni: l’informazione è la chiave di volta dell’innovazione e perciò diventa importante implementare il sistema di istruzione delle nuove generazioni di professionisti e tecnici, secondo nuovi modelli di condivisione della conoscenza in grado di liberare al massimo la creatività.
Essere responsabili per consumare e vivere meglio
In una sua prefazione a un pamphlet di Zygmunt Bauman, Carlo Bordoni descrive gli anni in cui viviamo come una fase intermedia “tra la fine della società di massa – grigia, uniforme, totalizzante – e il passaggio a una diversificazione consapevole”. Secondo il giornalista e sociologo Francesco Morace, “oggi la sostenibilità può rappresentare un elemento di differenziazione e di vantaggio per un prodotto, ma nell’arco dei prossimi 20 anni essere ‘sostenibile’ sarà una caratteristica necessaria che ogni prodotto dovrà incorporare per accedere al mercato”.
Il mondo della moda ha creato e metabolizzato, nei trent’anni del suo successo planetario, un potente modello di relazione con il mercato. Esso è basato quasi esclusivamente sull’evocazione, sull’immagine e sulla comunicazione piuttosto che sui processi reali di produzione, orientato alla creatività e alla originalità piuttosto che alla considerazione, mantenimento e sviluppo della sostenibilità.
La sfida del domani…
Ma la moda potrebbe godere, nel prossimo futuro, di un vantaggio del ritardo, affrontando il tema della sostenibilità con maggiore maturità.
Il cambiamento richiede, in un certo senso, di mettere in secondo piano l’idea di “profitto a tutti i costi”, senza ovviamente rinunciarvi. Ma migliorare la qualità dei prodotti, nel senso di aumentarne le loro caratteristiche sostenibili, può richiedere costi di produzione più elevati. Affrontare un percorso sostenibile, infatti, richiede di effettuare investimenti non recuperabili (soprattutto nella ricerca e nell’innovazione) e di trasformare la struttura organizzativa dell’impresa e le forme del rapporto con i clienti e con i fornitori.
Francesca Marra,
Executive Master Fashion Management