La dimensione audio sta acquisendo sempre più importanza nelle nostre relazioni quotidiane e, di conseguenza, anche nel mondo del marketing, specialmente quello della produzione dei contenuti e della costruzione dell’identità di brand.
Vi ricordate Clubhouse, il social network basato sulle chat audio?
A inizio anno non si parlava d’altro. Tutti quanti aspettavano di ricevere un invito per accedere a questo innovativo ed esclusivo social network.
Oggi di Clubhouse non si parla praticamente più. Ma l’esperienza ci insegna che gli insuccessi, nel mondo dei social, non sono automaticamente sinonimo di fallimento. Spesso sono anzi la spia di un fenomeno in piena fase evoluzionistica. Di una tendenza, cioè, che non ha ancora raggiunto il suo culmine (vedi il caso Vine, arrivato troppo in anticipo rispetto ai tempi) o è ancora in cerca delle modalità definitive con cui esprimersi.
Indipendentemente dalla fortuna di Clubhouse, infatti, la dimensione audio sta acquisendo sempre più importanza nelle nostre relazioni quotidiane e, di conseguenza, anche nel mondo del marketing, specialmente quello della produzione dei contenuti e della costruzione dell’identità di brand.
Dalla radio ai podcast: stesso principio, diverse modalità
Dopotutto, se tra i media tradizionali la radio è quella che più di tutti ha saputo reggere l’urto della Digital Transformation, significa che l’audio ha delle prerogative che lo rendono insostituibile. Pensiamo per esempio alla quantità di emozioni e significati espressi da una semplice voce parlante a seconda del messaggio, del timbro, del tono, della cadenza, tutti fattori che, se modulati nel modo opportuno, contribuiscono a creare una connessione diretta, intima e coinvolgente con chi la ascolta. Per non parlare della facilità con cui un contenuto audio può essere fruito: in casa, al lavoro, mentre si è alla guida o ci si sta allenando in palestra.
Tutto ciò è alla base dell’ascesa inarrestabile dei podcast, che secondo l'ultima ricerca di NielsenIQ per Audible, hanno confermato anche nel 2021 il trend di crescita degli ultimi anni. Nessun contraccolpo quindi, dopo l’exploit straordinario del 2021 causato dalla pandemia. Anzi un +4% nel consumo di podcast, trainato dall’ascolto di programmi radiofonici e audiolibri, accompagnati da nuovi format realizzati ad hoc come le audioseries.
Spotify e il Digital Audio Marketing
E la musica?
Il potere che può esercitare sul nostro animo è tutt’altro che sconosciuto. Di nuovo, però, ci sono tutte le opportunità di espressione, valorizzazione e diffusione della musica portate dalla digital transformation.
Di questo i brand sono perfettamente consapevoli, e infatti sono sempre di più quelli che scelgono la musica come strumento con cui espandere la propria identità, approfittando di una fruizione che è quanto di più personale, positivo e memorabile possa esserci per veicolare i propri messaggi.
Trascinatore e catalizzatore, in questa tendenza, è naturalmente Spotify, la principale piattaforma di streaming musicale al mondo e un bacino di circa 350 milioni di utenti. Qui i brand hanno a disposizione un ampio spettro di soluzioni: dalla sponsorizzazione delle playlist Spotify, strumento efficace per aumentare rapidamente visibilità e awareness, alla creazione di playlist originali, utili a definire l’identità sonora del brand.
Per fare esempi, Kia fu tra i primi a sponsorizzare le Top Hits di Spotify, mentre Barilla, recentemente, ha creato delle playlist timer di durata pari ai minuti necessari per cuocere i diversi formati di pasta.
Tutte queste tendenze ci sottolineano l’importanza della dimensione audio e il valore che attribuiamo alla colonna sonora della nostra quotidianità. Per chi si occupa di content marketing, per chi ha il compito di sviluppare un’identità di marca e di prodotto, podcast e playlist sono dunque diventati canali fondamentali nella costruzione della dimensione audio, in quanto strumenti di comunicazione capaci di attivare processi primordiali ma con modalità sempre creative e originali, e per questo efficaci.