Fare formazione significa fondare la didattica sui bisogni formativi di ciascuno, promuovendo una partecipazione attiva: questa la tematica affrontata all’Executive Master in Gestione e Sviluppo delle Risorse Umane
Nella giornata dell’8 aprile gli studenti del percorso HR hanno proseguito le loro lezioni insieme a Simona Calzolari, Coordinatrice Scientifica del Master.
L’intervento si è concentrato sulla formazione, le dinamiche di apprendimento e le conseguenti metodologie, in particolar modo quelle inerenti all’ambito di un’impresa. Calzolari ha arricchito il proprio intervento facendo riferimento ad alcuni importanti studiosi, quali Knowles, Kolb e Tuckman.
Il ruolo della formazione e la sua importanza
Formare significa innanzitutto promuovere, aggiornare e trasformare le competenze e le conoscenze di un individuo rendendole più funzionali e adeguate; allo stesso tempo, l’intero processo deve tendere al raggiungimento di obiettivi individuali, adattando quindi l’ottica formativa sia al saper fare (abilità tecnico-specialistiche) che al saper essere (comportamenti attesi).
La formazione deve fare leva, tra le altre cose, sulle competenze trasversali, ovvero quelle soft skills che hanno un ruolo sempre più centrale in ogni realtà aziendale: capacità di efficacia personale, capacità relazionali, cognitive e gestionali.
Fare formazione significa innanzitutto facilitare l’apprendimento, all’interno di un ciclo ininterrotto articolato in reflecting, thinking, acting e infine experiencing (ciclo di Kolb); la formazione non è insomma un processo ricorsivo, bensì sequenziale, inframmezzato da momenti di creatività e ricerca.
La formazione aziendale deve dunque partire dai bisogni concreti percepiti dai singoli dipendenti. Una volta analizzate tali esigenze, si procede con la progettazione (a livello micro e macro); quest’ultima è infatti la naturale conseguenza dell’attività di rilevazione. I bisogni formativi si trasformano dunque in obiettivi didattici, e solo successivamente vengono stabiliti i traguardi e le metodologie didattiche più consone, procedendo infine alla valutazione e registrazione dei risultati.
Le varie metodologie formative
Nel corso della sua lezione Calzolari ha dedicato particolare attenzione all’analisi di varie metodologie didattiche, dividendole in alcune macro-categorie. Un abile formatore è infatti in grado di padroneggiare un ventaglio formativo il più ampio possibile, così da adattare ogni metodo a uno specifico contesto.
Le metodologie induttive, per esempio, presuppongono un coinvolgimento più attivo dei discenti, in modo che il processo di apprendimento venga definito anche dal loro intervento. Tra le metodologie più efficaci in questo campo troviamo il role playing e il business game, rappresentazioni sceniche che ricreano episodi o situazioni sperimentabili in ambito aziendale.
Di particolare rilevanza sono anche le metodologie psicosociali, ovvero metodi formativi che si concentrano sulla situazione effettivamente sperimentata, l’hic et nunc dei comportamenti assunti all’interno del gruppo. In questo caso, l’obiettivo formativo è quindi sviluppare consapevolezza sugli atteggiamenti assunti nella concreta situazione lavorativa.
Di diffusione sempre più capillare è la gamification, ovvero un processo che prevede l’applicazione di regole del mondo ludico (e più frequentemente videoludico) nelle attività professionali. La gamification favorisce lo sviluppo formativo inserendo il discente in una progressione challenging, che fornisce premi e ricompense in base all’avanzamento all’interno dell’attività.
Gli allievi si preparano alla lezione successiva
Sulla scia delle considerazioni di Calzolari, nella giornata del 9/4 gli allievi di Gestione e Sviluppo delle Risorse Umane incontreranno Edoardo Gironi, Founder & CEO di APPRENDERE, il cui intervento si concentrerà sul Digital E-learning.
I recenti cambiamenti digitali e la pandemia hanno fatto emergere ancora di più l’esigenza di una nuova modalità di erogazione del sapere, rivoluzionando il tradizionale rapporto docente-discente: quest’ultimo diventa un Learner, cioè un attore intenzionale dell’apprendimento.
Proprio come Calzolari ha insistito sul ruolo attivo dell’allievo, allo stesso modo Gironi farà riferimento al nuovo paradigma del Learning, che nella realtà aziendale si configura ormai come un’esperienza immersiva non più circoscritta da ristretti limiti, ma anzi corroborata dalle più versatili tecnologie digitali per l’educazione