Moda e sostenibilità: all’Executive Master in Fashion Management arriva la testimonianza vincente del gruppo Dani.
C’è una parola che è entrata nel nostro linguaggio quotidiano, elevandosi a termine tra i più importanti della società contemporanea. Questa parola è sostenibilità. Naturalmente, la sostenibilità non poteva che attirare le attenzioni del settore che più di ogni altro cerca di influenzare i nostri stili di vita: la moda.
Come dimostrano le ricerche più recenti, infatti, la sostenibilità è un fattore importante dei comportamenti d’acquisto per circa il 60% dei clienti del Luxury. E più di un consumatore su due afferma di ricercare informazioni sulla responsabilità sociale di un’impresa prima di procedere all’acquisto dei suoi prodotti.
Parlare di etica e sostenibilità nel campo della moda significa guardare a più fattori. Ci sono le condizioni di lavoro della manodopera e l’origine delle materie prime dei tessuti, ma anche l’impatto ambientale dell’intera filiera produttiva, la delocalizzazione delle produzioni e il benessere degli animali. Ed è per questo che il fashion business, sempre più consapevole del valore economico e d’immagine di pratiche virtuose ed ecosostenibili, ha visto attivarsi iniziative su più fronti.
La moda etica ed ecosostenibile
La moda sostenibile è una moda che rispetta il pianeta e le persone. Insieme alla consapevolezza sui temi dell’etica e della sostenibilità, sono cresciute le iniziative volte a dare visibilità a quei brand che la praticano sul serio.
Tendenzialmente tutti i produttori di abbigliamento ecosostenibile propendono a dare visibilità alle loro pratiche di responsabilità sociale e alle iniziative promosse a favore dell’ambiente. Aspetti quali la parità salariale tra uomini e donne, l’utilizzo di filiere corte, il ricorso a materiali riciclati, laddove presenti, sono messi sempre in grande evidenza nei canali di comunicazione aziendali. Nel corso degli anni, però, è cresciuto il numero delle certificazioni erogate a seguito di verifiche condotte in modo indipendente e con grande meticolosità sui processi di produzione aziendali. Tra queste ci sono, ad esempio, il Global Organic Textile Standard, che attesta l’origine biologica dei tessuti, o la Fairtrade Certified Cotton, che garantisce che un’azienda offra ai fornitori di cotone un compenso equo e premi commerciali aggiuntivi da investire nella comunità locale.
Insomma, come per certificare la provenienza di un campo di abbigliamento, l’etichetta è un indicatore prezioso e affidabile anche per tutti quei consumatori sensibili sia nei confronti dell’eco-abbigliamento che della moda etica. E sono in rapida ascesa le piattaforme di shopping online che offrono al loro interno una sezione appositamente dedicata ai brand produttori di vestiti ecosostenibili.
Un’altra soluzione molto praticata per aumentare la sostenibilità del sistema fashion è quella del Second Hand. Comprare prodotti usati, e dare dunque nuova vita a capi, borse e scarpe, è una tendenza molto in voga anche nel settore della moda. Basti pensare che nel personal luxury il valore stimato del mercato di seconda mano per l’anno 2018 è stato pari a 22 miliardi di euro, con una crescita attesa per il 2021 vicina ai 31 miliardi. Il second hand è alla base dell’idea di moda circolare, un sistema in cui abbigliamento e accessori vengono progettati, prodotti e consegnati con l’obiettivo di utilizzarli e farli circolare in modo responsabile il più a lungo possibile, prima di reintrodurli nella biosfera con la massima sicurezza una volta che non saranno più adatti ad un uso umano.
Quello del second hand è un mercato a cui i brand si stanno progressivamente interessando, spesso allestendo delle proprie piattaforme per la vendita e l’acquisto di capi usati. Questa pratica non permette solo di migliorare la reputazione del brand, ma anche di essere partecipi di un mercato dinamico che possono presidiare per proteggere l’immagine del marchio.
Gruppo Dani: la moda sostenibile è protagonista all’Executive Master in Fashion Management
È stata la prima azienda produttrice di pelli al mondo a ottenere la certificazione “Carbon Foot Print”, quella che quantifica le emissioni di gas serra emesse lungo la filiera, da agricoltura e allevamento, fino alla realizzazione delle pelli finite. L’ha conseguita nel 2018 aggiungendola a quelle sulla localizzazione tutta italiana della produzione “Leather From Italy Full Cycle” e le due di impatto ambientale “EPD” e “Der Blaue Engel”.
Dani è una conceria a ciclo completo con sede ad Arzignano, in provincia di Vicenza. Fondata nel 1950 da Angelo Dani, è oggi uno dei principali player nel settore, con circa 1.300 dipendenti e un fatturato di circa 180 milioni, di cui il 75% destinato all'export.
Dani è sinonimo di sostenibilità, grazie a un percorso iniziato dieci anni fa, fatto di ricerca e alta innovazione e finalizzato a ridurre l’impatto ambientale della produzione della pelle lungo tutto il suo ciclo.
Il Responsabile Sostenibilità e Comunicazione del gruppo, Guido Zilli, interverrà sabato pomeriggio all’Executive Master in Fashion Management, per illustrare il progetto Zero Impact di Dani e offrire così una preziosa testimonianza ai nostri Allievi.